Poeta e scrittore italiano. Nato in Grecia (nell'isola di Zante) da famiglia
veneziana si trasferì a Venezia nel 1792, dopo aver compiuto i primi
studi a Spalato e Zante, raggiungendo così la madre allontanatasi dalla
Grecia in seguito alla morte del marito. Venezia offrì al giovane e
precoce adolescente la possibilità di appagare la sua curiosità
intellettuale e il suo entusiasmo vitale: fervido ammiratore dell'Alfieri e
attento lettore dei classici latini e greci, degli Italiani antichi e moderni
come dei filosofi ed ideologi del Settecento, si trovò ben presto a far
parte degli ambienti più ricercati e spregiudicati della città,
ove conobbe ed amò la bellissima Isabella Teotochi. Frutto degli studi di
questo periodo furono canzonette ed odi, elegie e poemetti, che nel
riecheggiamento della cultura italiana del tempo e nell'influsso preromantico
della poesia notturna e sepolcrale degli Inglesi, esprimono un mondo di forti
passioni personali, libertarie e patriottiche.
Tieste, tragedia di stampo
alfieriano, fu rappresentata nel 1797 e accolta entusiasticamente. Le idee
politiche di
F. e la sua fervida speranza di una rivoluzione europea
suscitarono ben presto i sospetti del governo veneto, costringendolo alla
solitudine dei colli Euganei. Nel 1797 si trovava a Bologna, ove venne
pubblicata l'ode
A Bonaparte liberatore. Nello stesso anno si
arruolò nell'esercito della Cispadana. Instaurato un regime democratico,
ritornò a Venezia nel maggio, ma dovette presto abbandonarla, in seguito
al trattato di Campoformio. Per sfuggire agli Austriaci si recò quindi a
Milano, ove conobbe Parini e divenne amico di Monti; fece parte, come redattore,
del "Monitore italiano" e non perse occasione per condurre, memore del
tradimento di Campoformio, una serrata campagna antifrancese. Passò
quindi a Bologna come addetto al tribunale criminale e qui iniziò la
pubblicazione delle
Ultime lettere di Jacopo Ortis, che abbandonò
alle infelici cure dell'editore per arruolarsi, nel'99, nella Guardia Nazionale
e combattere nella campagna 1799-1800 contro gli Austro-russi. Nel '97 frattanto
aveva cambiato il nome di Niccolò in quello di Ugo. Dopo la vittoria di
Marengo tornò a Milano ed ebbe incarichi, col grado di capitano
aggregato, in Lombardia, Emilia, Toscana. Sono di questo periodo la ristampa
dell'ode a Napoleone con una lettera dedicatoria che lo esorta a tenersi lontano
dalla seduzione della tirannide, e l'altra,
A Luigia Pallavicini caduta da
cavallo, come pure l'amore fiorentino per Isabella Ronconi. A Milano
amò appassionatamente Antonietta Fagnani Arese, cui dedicò l'ode
All'amica risanata. Nel 1802 uscì la nuova e profondamente
rielaborata edizione dell'Ortis che, con ulteriori ma non sostanziali ritocchi,
vedrà la sua definitiva stesura nell'edizione londinese del 1817,
distante un anno dalla precedente di Zurigo. Le
Ultime lettere di Jacopo
Ortis, pur risentendo nella discontinuità di tono,
dell'immaturità artistica e psicologica dell'autore, della lunga e
faticata elaborazione cui furono soggette, ben riflettono la profonda e
giovanile influenza alfieriana, sia nella storia di Jacopo tormentato da
passione politica ed amorosa che, nel loro ineluttabile crollo, lo porteranno al
finale suicidio, sia nel tono tutto pervaso di un "forte sentire".
L'
Ortis è, pur nell'influsso e nel tema caro al tempo (si pensi
infatti al
Werther di Goethe) opera autobiografica, soprattutto
nell'irrequietezza del personaggio e in alcuni episodi, come pure nella parabola
che, dal grande amore per la vita e dalle grandi speranze, porta alla negazione
totale di entrambe. Nel 1803 vennero pubblicate a Milano le due odi e i dodici
sonetti, che soli approvò della sua opera lirica precedente i
Sepolcri. Nello stesso anno
F. tradusse dal latino di Catullo
La Chioma di Berenice con un ampio commento erudito e letterario, che
testimonia la serietà e la profonda conoscenza dei suoi studi classici.
Dal 1804 al 1806 soggiornò nella Francia del Nord ove iniziò a
tradurre il
Viaggio sentimentale di Lorenzo Sterne e scrisse la
Notizia intorno a Didimo Chierico, dando con questo pseudonimo una nuova
immagine di sé, non più uomo alfieriano, ribelle e titanico, ma
ironico e leggiadro nella sua conoscenza dei vizi del tempo e nel suo profondo
disprezzo per ogni forma di convenzione. Ritornato in Italia si dedicò
all'esperimento di traduzione dell'
Iliade e compose i
Sepolcri,
pubblicati a Brescia nel 1807. La poesia precedente di
F. presentava due
aspetti: uno, quello dei sonetti, umanamente cordiale e dolente, appassionato e
terrestre, romantico; l'altro, delle odi, neoclassico e quasi freddamente
estetizzante. Legata al primo di tali aspetti, e quindi all'
Ortis,
è l'esperienza dei
Sepolcri, nati come opposizione al
preannunciato disegno di voler estendere alle province italiane il decreto
napoleonico di Saint-Cloud (1804), per cui si faceva divieto di seppellire i
morti nelle chiese o nell'abitato cittadino e si imponeva la costruzione di
cimiteri extra-urbani e una rigida attenzione al testo delle epigrafi. Di qui
dunque il carattere discorsivo dell'opera che si avvale, a sostegno della
propria tesi di numerose immagini concrete (Santa Croce con le sue tombe, il
ricordo di Alfieri, il cimitero ove giace Parini, le tombe greche, i costumi
degli antichi e degli Inglesi) e che mirabilmente espone la visione umana del
poeta: il vero assoluto è la natura, quella forza cosmica che trascina
l'universo in un incessante divenire, in cui le forme della materia appaiono
come realtà transuenti e caduche. L'uomo stesso è parte di questa
legge, la sua vita non ha né fine né ragione e la sua morte fa
parte della distruzione di tutte le cose operata dalla natura: il fatto umano,
in quanto vi contrasta, non può essere che illusione. E il punto centrale
di tale illusione è dato proprio dalla tomba che è elemento della
storia e ne perpetua i valori mantenendo la tradizione ed elevandola con il
ricordo di coloro che più hanno contribuito a sottrarre l'umanità
al predominio della materia e farla vivere nel mondo che più le è
proprio, in quanto è proprio in questo illudersi la condizione ed essenza
dell'essere uomini. Nel 1809
F. ottenne per breve tempo la cattedra di
eloquenza presso l'università di Pavia, trattando nella prolusione
Dell'origine e dell'uffizio della letteratura e tenendo poche lezioni
sino alla soppressione della cattedra, avvenuta per la sua poca condiscendenza
ai voleri dei potenti, di cui è testimone tra l'altro l'
Orazione pei
comizi di Lione del 1802. Nel 1811 fu rappresentato alla Scala
l'
Aiace; la tragedia incontrò l'ostilità delle
autorità e venne proibita. Il poeta si trasferì quindi a Firenze.
Si innamorò di Cornelia Martinetti, di Eleonora Nencini e di Quirina
Mocenni Magiotti; pubblicò la traduzione del
Viaggio sentimentale
(1813): scrisse la
Ricciarda, sua terza e sfortunata tragedia e
lavorò a
Le Grazie, cui attenderà sin dopo il 1825
(dell'opera ci sono giunti frammenti di cui si è tentata più d'una
unificazione).
Le Grazie sono un inno alla virtù civilizzatrice
delle arti e rappresentano il culmine della fantasia mitica del poeta e
dell'aspirazione ad una serena contemplazione delle lotte e delle passioni
terrestri, all'armonia, all'equilibrio morale ed artistico. Sono quindi opera
matura, che ha le sue parti migliori nella rievocazione trasfigurata e
melanconicamente lontana delle esperienze umane di
F. Ma il
raggiungimento dell'equilibrio artistico non s'accompagna a quello della vita:
vediamo infatti il poeta abbandonare l'Italia per non sottomettersi agli
Austriaci e raggiungere la Svizzera (1815) dove scrisse i discorsi
Della
servitù dell'Italia, ristampò l'
Ortis e pubblicò
l'
Hypercalypsis, satira in versetti latini contro i letterati italiani,
corrotti ed adulatori. Nel 1816 si recò in Inghilterra, e qui ebbe
termine la sua vita nel 1827. Nel '24 in seguito alle insistenze dei creditori,
fu arrestato e, caduto in miseria, visse gli ultimi anni tra le più
grandi sofferenze fisiche e morali. Fu sepolto nel cimitero di Chiswik, ma nel
1871 le sue ossa furono trasportate a Firenze, nella chiesa di Santa Croce. A
Londra
F. scrisse quasi tutti i suoi saggi critici (sulla
Commedia
di Dante, sul
Decamerone, sui poemi romanzeschi, su Petrarca, sulla nuova
scuola drammatica) aprendo così la strada alla moderna critica italiana e
testimoniando ancora una volta come le vicissitudini della vita mai riuscirono
ad intaccare la passione e la serietà della sua opera e dei suoi studi
(Zante 1778 - Turnham Green, presso Londra 1827).
Ugo Foscolo